Ci siamo appena lasciati alle spalle un anno particolarmente difficile e quello che ci troviamo di fronte appare pieno d’incognite. La classica abitudine di fare bilanci e formulare propositi sarà quindi forse meno superficiale del solito. La nostra riflessione va nella direzione di traghettare un semino gettato più o meno forzosamente nel 2020 dentro a questo enigmatico 2021: è il semino del non-fare, quella anomala, (spesso) disturbante e (in apparenza) scomoda condizione che ci siamo trovati a sperimentare collettivamente (e a più riprese) a causa della pandemia. Le nostre vite di norma piene di impegni, obiettivi da raggiungere, problemi da risolvere, progetti da realizzare, si sono di colpo svuotate. Non ci soffermiamo sulle implicazioni economiche, sanitarie e sociali legate al fenomeno Covid-19, molto molto complesse e in questo caso fuorvianti. Vogliamo piuttosto portare l’attenzione sulla ‘rara opportunità collettiva’ che abbiamo avuto di fare i conti con l’immobilità, impossibilitati ad alimentare la giostra sulla quale corriamo più o meno felici. E per molti di noi non è stato un bel momento. Certo, c’era la legittima paura dell’epidemia e l’angoscia delle sue ripercussioni. C’era un comprensibilissimo senso di impotenza di fronte a fenomeni che andavano al di là del nostro controllo. C’era un’istintiva rabbia verso le persone e le istituzioni che abbiamo giudicato colpevoli di quanto accaduto. Ma tutte queste emozioni sono state mostruosamente amplificate dalla disabitudine a stare con quello che succede, soprattutto quando non ci piace. Del tutto assuefatti all’azione, o meglio alla reazione compulsiva (che peraltro l'humus culturale in cui siamo nati e cresciuti fomenta ossessivamente), siamo finiti in pasto alla frustrazione, scaricandola spesso in modo scomposto nelle nostre relazioni social-i. E mettendo in mostra, dopo un breve iniziale slancio solidaristico, un campionario di brutalità e scempiaggini degno d’un film di Ferreri. Per certi versi non poteva che andare così, il terreno era pronto ed è bastato l’innesco giusto per far divampare l’incendio. Tuttavia quello che è accaduto, proprio per la sua indelebile irruenza, ci aiuta forse a comprendere con più chiarezza il valore del vuoto, inteso come possibilità di limitarsi a osservare, con attenzione gentile, ciò che accade in noi e intorno a noi, senza dover per forza fare o dire qualcosa. Alcuni la chiamano meditazione, ma forse è meglio parlare di attitudine meditativa o contemplativa; qualcosa che va al di là e viene prima di tecniche codificate e specifiche tradizioni. Un atteggiamento accogliente e curioso nei confronti dell’esperienza nel suo dispiegarsi istante dopo istante, senza necessariamente tentare di usarla o guidarla. Sostare nell’assenza di azioni finalizzate al raggiungimento di un qualche vantaggio o all’eliminazione di un fastidio. Questo non significa in alcun modo smettere ex abrupto di vivere per come siamo abituati a farlo; significa solo prendere confidenza ANCHE con questa modalità, del tutto naturale seppur poco frequentata. Gli ‘effetti collaterali benefici’ sono, saranno, sarebbero molteplici, ma forse per motivarci è sufficiente ricordare la sofferenza e la confusione che abbiamo sperimentato negli ultimi 10 mesi. Ecco perché ci piacerebbe portare nel 2021 questo semino di consapevolezza, magari poco rassicurante ma estremamente prezioso; ecco l’augurio che facciamo a te che stai leggendo l'articolo, facendoci aiutare dalle parole (e dalle voce) di Alan Watts, ricercatore inglese del ‘900 che ha dato un contribuito fondamentale al dialogo fra pensiero occidentale e filosofie orientali… https://www.youtube.com/watch?v=92eF9R6odBQ Per coltivare quell’attitudine meditativa a cui abbiamo accennato, se vuoi, puoi iniziare da qui… Ascolta la traccia
Con maggiore o minore entusiasmo ognuno di noi si occupa del buon funzionamento degli strumenti o degli oggetti della vota quotidiana. Oppure, se è particolarmente attento e solerte, si “pre-occupa”, vale a dire che se ne prende cura prima che siano troppo deteriorati.
Chiunque ci sia passato, direttamente o indirettamente, sa bene che diventare genitore è l'avventura più complessa, faticosa e gratificante che possa vivere un essere umano. La qualità della relazione con i genitori è a dir poco determinante per lo sviluppo del bambino, così come un adulto può crescere sotto infiniti punti di vista grazie al rapporto con i figli. Proprio per l'importanza di questo processo può essere d'aiuto avere delle "voci amiche" di riferimento, che sappiano dare stimoli e suggerimenti fertili, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più delicati della genitorialità. Noi vi proponiamo il sito/blog di Emanuele Zanaboni, psicoterapeuta sistemico-relazionale particolarmente vicino ai temi dell'educazione e dell'infanzia. Emanuele collabora con MensCorpore per alcune iniziative rivolte proprio ai genitori e riteniamo la sua voce autorevole e professionale, invitando il lettore interessato a leggere i suoi articoli: troverà riflessioni generative e punti di vista illuminanti su molti degli enigmi con i quali un papà e una mamma si trovano prima o poi a fare i conti
Un articolo pubblicato sul Corriere.it riassume il decalogo che il medico Bertil Marklund propone nel suo libro "La guida scandinava per vivere 10 anni di più". Suggerimenti semplici e intuitivi per prendersi cura della propria salute e ben-essere: dalle ore di sonno alla dieta, dall'attività fisica alle relazioni interpersonali...
Intorno a queste due parole-chiave segnaliamo alcuni spunti di riflessione interessanti correlati alla pratica psico-corporea della Bioenergetica:
Il primo è un interessante articolo di Nicoletta Cinotti, una delle voci più autorevoli italiane in ambito Bioenergetico, pubblicato sul suo sito personale. Eccone uno stralcio...
Di Diana Tedoldi
Se tutto ciò che esiste è vibrazione, allora il suono è uno dei modi attraverso cui possiamo agire sulla realtà, impattarla, trasformarla.
Un articolo pubblicato sullo spazio Salute del Corriere.it riporta i risultati di uno studio compiuto da un'università Canadese e una Francese secondo il quale un approccio "epicureo" alla tavola garantirebbe maggior soddisfazione e minor rischio di eccesso.
(Di Gisela Rohmert) Il Metodo funzionale della voce nasce nel 1979 a Darmstadt, in Germania, dalle ricerche condotte presso l’Istituto di Ergonomia del Politecnico di quella città, volte a studiare l’impegno fisico e psichico del cantante durante la prestazione vocale. Dall’esito delle ricerche divenne chiara la necessità di ottimizzare le condizioni di questa prestazione, elaborando una pedagogia vocale che permettesse al cantante di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Studiare il rapporto tra qualità del lavoro vocale e prestazione, ossia le condizioni di produzione e il prodotto.
Il suggerimento riguarda un sito, ovvero il blog di Nicoletta Cinotti, analista bioenergetica che nel tempo ha integrato questa disciplina con le pratiche di coltivazione della consapevolezza. Il suo sito è un contenitore ben strutturato di spunti, riflessioni, considerazioni e segnalazioni che ruotano intorno al tema della cura di Sé e dell'Altro.
Quasi sempre quando si parla di canapa lo si fa per dibattere del suo utilizzo come sostanza psicotropa, aprendo a infinite discussioni su rischi e vantaggi, a vari livelli. Ciò che invece è fuori discussione sono i benefici derivanti dall'olio di semi di canapa (assolutamente legale), consigliato per la prevenzione da una lunga serie di patologie...