Le Experience sono speciali attività off-site progettate per piccoli gruppi aziendali.

Integrando formazione e ben-essere, offrono ai partecipanti occasioni di apprendimento che mescolano natura, gusto, cura di sé e relazione con l’Altro. Per saperne di più visita l’area del sito dedicata….

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Di Marco Leonzio

Con maggiore o minore entusiasmo ognuno di noi si occupa del buon funzionamento degli strumenti o degli oggetti della vota quotidiana. Oppure, se è particolarmente attento e solerte, si “pre-occupa”, vale a dire che se ne prende cura prima che siano troppo deteriorati. Si, perché intorno a noi vogliamo che le cose funzionino bene, che ciascuna faccia la sua parte nella nostra vita quotidiana al momento giusto. L’auto deve partire quando giriamo la chiave, la guarnizione del rubinetto deve permettere l’apertura e la chiusura dell’acqua al nostro comando, l’abbonamento ai mezzi va rinnovato prima che scada, la caldaia deve scaldare l’acqua e non bloccarsi quando stiamo per entrare nella doccia. Ma non solo: allargando il cerchio della nostra considerazione, ci prendiamo cura della nostra salute, delle persone e degli animali che amiamo o delle relazioni che ci fanno sentire bene.

Cosa hanno in comune tutti questi esempi? Due cose. La prima è che si tratta di azioni di “manutenzione” – anche se alcune non siamo abituati a chiamarle così – e la seconda è che sono tutte azioni di cura di singoli aspetti particolari della nostra vita, elementi che compongono il quotidiano mosaico della nostra esistenza, mentre solitamente poca attenzione viene dedicata all’insieme di tutti questi aspetti, cioè alla ricerca di una risposta alla fatidica domanda “come sta andando la nostra vita”?

Fate questa prova: uscite una sera con un amico o amica e incominciate a discorrere del più o del meno, come si fa comunemente, potreste incominciare da uno qualsiasi delle banali questioni citate sopra. Poi, ad un certo punto, chiedetegli, o chiedetele, se è contento in generale della sua vita. Con buona probabilità il vostro interlocutore avrà un momento di esitazione, solitamente visibile dallo sguardo immobile e dalla comparsa di un abbozzo di sorriso imbarazzato, e vi chiederà lumi su cosa vogliate esattamente sapere, cercherà specificazioni, per esempio attraverso un classico “ma… in che senso?”. Una variante frequente è che, recuperata rapidamente la parola dallo sgomento della domanda, lui/lei chieda “ma che ca**** di domanda è”?

Appunto, ma che domanda è “come sta andando la tua vita?” Ci possiamo scherzare un po’ sopra, ma la questione è importante: dedichiamo attenzione alla manutenzione di molti oggetti intorno a noi, ci preoccupiamo di salvaguardare la nostra salute e siamo dispiaciuti se non riusciamo più ad incontrare persone cui vogliamo bene – e facciamo molto bene a farlo, perché sono solo alcuni esempi di cose di grande valore per la nostra vita e che si “consumano” nel tempo – tutti aspetti “particolari” della nostra vita, ma alla manutenzione della vita, nel suo insieme, quanta attenzione dedichiamo? Ci ricordiamo che una volta all’anno dobbiamo fare il tagliando dell’auto, ma un tagliando alla nostra esistenza ogni tanto non è importante? Una specie di check up, che potrebbe iniziare come il titolo del film di Aldo, Giovani e Giacomo: Chiedimi se sono felice.

Dicono sociologi e psicologi che stiamo attraversando un periodo storico nel quale siamo particolarmente sollecitati dal cambiamento. Molto vero, e questo spesso ci mette in seria difficoltà e ci fare una gran fatica. Comprendere ciò che accade intorno a noi e “gestire” questa nostra vita non significa però soltanto saper cogliere le opportunità o schivare i colpi che vengono dall’”esterno”, ma anche prenderci cura di ciò che già c’è, di ciò che portiamo con noi e che siamo stati fino ad ora. Perché su quel ceppo fiorirà o appassirà il futuro. Ecco perché è così importante a mio parere la “manutenzione della vita”, per capire e conservare con amore ciò che è ancora nutriente per noi, per lasciare indietro quello che non ci serve davvero più e per cercare di tracciare una strada che abbia per noi un significato positivo.

Ed è un’arte, non un metodo. Ed incomincia in un momento preciso, da un atto di consapevolezza, che trovo sempre commovente e a volte anche un po’ doloroso: cercare di rappresentarmi in un dialogo, di raccontare chi sono (diventato), come sto e dove sono in questo viaggio lungo una vita. E’ la risposta a quella domanda così difficile: “come sta andando la mia vita”? Col raccontarsi inizia la “manutenzione”, con la rottura di quel guscio di imbarazzo. Non conosco espressioni dell’amore di sé più feconde e lungimiranti.