Le Experience sono speciali attività off-site progettate per piccoli gruppi aziendali.

Integrando formazione e ben-essere, offrono ai partecipanti occasioni di apprendimento che mescolano natura, gusto, cura di sé e relazione con l’Altro. Per saperne di più visita l’area del sito dedicata….

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Luglio 2020

Siamo molto felici di condividere una bella notizia: MensCorpore è ufficialmente un fornitore di Eudaimon, una delle prime e più importanti Società italiane che offrono servizi di welfare alle aziende. Nello specifico due sono le tipologie di proposte targate MensCorpore che, per ora, i dipendenti delle imprese-clienti di Eudaimon possono trovare sulla piattaforma digitale che viene messa loro a disposizione: da una parte abbiamo creato un set di 6 percorsi individuali fruibili a distanza, ognuno dedicato ad una diversa Sorgente del Ben-Essere, secondo il nostro modello; dall'altra ci sono delle esperienze off-site fruibili nell'area Langhe e Roero (CN) che mescolano immersione in natura, buon cibo e cura di sé. Per saperne di più mettiamo qui di seguito i link per scaricare le brochure

Da quali semi nasce Réva? Più che da semi, Réva nasce da vigneti, quelli che erano parte della vecchia tenuta di San Sebastiano, a Monforte d’Alba, e di cui si è innamorato Miroslav (Lekes, l’attuale proprietario) quando, nel 2013, decise di prenderla in mano per farla diventare una piccola struttura ricettiva (l’attuale resort) con cantina. Questi “semi” sono poi germogliati in altri progetti, come quello del Ristorante FRE, e stanno dando dei frutti interessanti. Cosa vi sta a cuore? Ci stanno a cuore le esperienze: quella del territorio, della cultura del luogo, ma anche quelle più edonistiche ma pur sempre con un elemento culturale importante, come quelle enogastronomiche. Ci  esperienze che chi ci visita può portar via con sé e conservare nel tempo. Rêva e il territorio

La difficile esperienza pandemica, già lontana e ancora minacciosa allo stesso tempo, ha comunque lasciato parecchi strascichi. Anche le aziende hanno dovuto ripensarsi, a partire dalla concezione stessa del lavoro. Si è parlato moltissimo di smart-working, modalità che l'emergenza sanitaria ha reso improvvisamente necessaria, laddove prima (in Italia) si trattava di sperimentazioni non particolarmente diffuse. E ora ci si domanda quanto questo modello persisterà a pandemia (del tutto) conclusa. A giudicare dai dati raccolti, pur con le molteplici difficoltà incontrate, il lavoro agile ha rivelato alcuni vantaggi e benefici, tanto sul piano organizzativo quanto su quello individuale. I problemi sono principalmente derivati da fatto che quello vissuto da molti italiani è stato in realtà un semplice "lavorare da casa" (con figli da gestire peraltro), ben diverso dal vero smart-working. Quest'ultimo prevede una ridefinizione della relazione fra Azienda e individuo in un'ottica di definizione più precisa e condivisa degli obiettivi e una maggior fiducia reciproca rispetto al loro raggiungimento. In estrema sintesi, il passaggio da una "cultura del cartellino" ad una cultura del risultato. Ma ci sono altre esigenze con cui persone e organizzazioni già si stavano confrontando e che l'epidemia di Covid ha reso ancora più evidenti: prima fra tutte il bisogno di ben-essere, cioè il desiderio di vivere e lavorare in contesti che tutelino e promuovano la salute psicofisica e relazionale. Per un'azienda questo significa rimettere in discussione l'assioma che vede nella generazione di profitto economico il primo e incontrastato obiettivo, il senso stesso della sua esistenza. Passare da profitto a valore e integrare la mera dimensione economica con quella personale, sociale e ambientale non è una sciocchezza! A tutto ciò dobbiamo sommare, o meglio tutto questo va inquadrato nelle semplici e spietate verità che la Natura (se così vogliamo chiamarla) ci ha ricordato senza mezze misure: non siamo immortali, non siamo isole e non siamo i padroni del mondo. La qualità (e prima ancora la possibilità) della nostra vita sulla terra interdipende da una molteplicità di fattori che sarebbe il caso di considerare con maggior attenzione, a partire dalla disponibilità di risorse naturali (aria inclusa!) fino alla convivenza e il rispetto delle altre specie animali e vegetali. Insomma, l'impressione è che sviluppare un approccio smart al lavoro, passaggio già di per sé non banale, non sia oggi più sufficiente. In una fase storica così delicata come quella in cui ci troviamo, bisogna allargare la prospettiva e coltivare una visione più ampia. A noi piace parlare di WISE-working, una "filosofia applicata" che, trasformando la parola in acronimo, possiamo ricondurre a 4 principi di base: Well-being: centralità del ben-essere complessivo di tutte le persone che animano un’organizzazione; Interdipendence: riconoscimento del vincolo di interdipendenza che lega tutte “le parti” di cui è composto un sistema organizzativo, i suoi molteplici interlocutori e l’ambiente fisico, sociale e naturale in cui è immerso; Sense & Susteinability: capacità di dare senso al lavoro quotidiano - anche in relazione alla sua sostenibilità complessiva nel tempo (compreso l’equilibrio vita-lavoro) - e possibilità di contribuire alle decisioni organizzative che alimentano il commitment e il sentimento di cura verso l’organizzazione, della quale ci si sente parte integrante; Empathy: valorizzazione della dimensione relazionale e cooperativa, riconosciuta come segno distintivo di una comunità umana sana. Per un approfondimento più dettagliato di quanto brevemente riassunto in questo articolo, invitiamo il lettore a scaricare il nostro paper, che raccoglie: i dati delle ricerche più recenti e significative relative allo smart-working pre, durante e post Covid; le evidenze emerse dagli studi rispetto alle aspettative di ben-essere all'interno dei contesti organizzativi; una definizione più precisa del significato di wiseworking e alcune riflessione sulla sua traduzione concreta. SCARICA IL PDF