La Mindfulness sta vivendo da ormai qualche anno una fase di celebrità. Questa pratica, derivata dalla tradizione meditativa buddhista e utilizzata per la riduzione dello stress (in tutte le sue declinazioni), è oggi proposta in molteplici contesti (ospedali, scuole, aziende, carceri…), tanto che intorno ad essa si è sviluppata una vera e propria moda (va ricordata la copertina della prestigiosa rivista Time che nel 2014 parlava di “Mindful Revolution“).
Il rischio è sovraccaricarla di aspettative, finendo per considerarla (e talvolta proporla) come panacea di tutti i mali. Ora, siccome la fondatezza sperimentale è uno dei cavalli di battaglia con cui la Mindfulness viene venduta (generando peraltro un business miliardario), è normale che all’interno della comunità scientifica siano iniziati a comparire segnali di scetticismo. Nel 2017 un team di psicologi e ricercatori guidati dall’australiano Nicholas Van Dam ha pubblicato un articolo in cui veniva messo in discussione il (notevole) corpus di evidenze a favore della Mindfulness, considerate troppo eterogenee e basate su presupposti difficili da ‘oggettivizzare’: inoltre si criticavano i numeri troppo piccoli dei gruppi su cui di solito vengono effettuati gli studi.
Nel bell’articolo pubblicato su stateofmind.it in risposta a queste legittime perplessità, la psicoterapeuta Loredana Giacosa fa un pò di ordine rispetto alle problematiche sollevate da Van Dam. Le inquadra all’interno di una cornice dal nostro punto di vista più ampia che, pur relativizzando i dati raccolti dalle ricerche, rimarca i significativi benefici qualitativi che le pratiche di consapevolezza tendono a generare sul piano psico-emotivo, in particolare lo sviluppo delle capacità attentive ed empatiche (verso di sé e verso gli altri).
Come a dire: probabilmente la scienza non riuscirà mai ad ottenere le garanzie quantitative necessarie ad una approvazione unanime e indiscussa della meditazione, ma sarebbe poco saggio precludersi la possibilità di sperimentare qualcosa che tutte le tradizioni spirituali del mondo coltivano e studiano da migliaia di anni.