(di Diana Tedoldi)
Negli anni ’80 si pensava che bastasse mettersi ai fianchi una cintura di gomma e attivare il “vibromassaggiatore” (mia mamma ne aveva uno!) per dimagrire. Oggi sappiamo che per uno stile di vita sano occorre seguire corretti principi di alimentazione, fare attività fisica, riposare bene e prenderci cura della nostra vita emotiva e relazionale. Ma tutto questo non basta.
La ricerca scientifica negli ultimi anni ha prodotto numerosi studi volti a dimostrare il benessere profondo generato dal recupero della nostra connessione la natura (molti di essi vertono sul mondo infantile), corroborando così il nostro innato orientamento verso la “biofilia”, termine usato già da Aristotele, recuperato da Fromm e tornato prepotentemente alla ribalta in tempi più recenti. La biofilia (dal greco: phillia, amicizia, amore e bios, vita) è la naturale propensione degli esseri umani a generare legami di amicizia e affiliazione con gli altri esseri viventi. È un’attitudine innata generata attraverso milioni di anni di evoluzione in relazione con la natura e le altre forme di vita: organismi, specie, habitat. La cooperazione (non la competizione) fra specie diverse è il cuore degli ecosistemi, dove la differenza è un vantaggio competitivo, la collaborazione inter-specie una risorsa e l’ingaggio plurisensoriale nell’esperienza una necessità per la sopravvivenza.
Oggi le neuroscienze ci dimostrano che il brain patterning (cioè la costruzione di nuove piste neuronali e schemi cerebrali, che danno vita ad azioni, atteggiamenti, pensieri e comportamenti) si fonda sugli input sensoriali. Quindi: maggiore è la ricchezza della nostra esperienza sensoriale, maggiore è la ricchezza dei nostri schemi di pensiero e azione, e meglio ce la sappiamo cavare nella vita. La forte diffusione dei media elettronici va però nella direzione opposta all’arricchimento dell’esperienza sensoriale, caricando il senso della vista e atrofizzando progressivamente gli altri 4 sensi a disposizione degli esseri umani.
Oltre a questa progressiva spoliazione di sensorialità, gli screen di cui facciamo sempre più uso ogni giorno (monitor, smartphone, tablet ecc.) emettono radiazioni luminose ad alta energia (raggi blu-viola), che oltre a favorire il graduale declino della funzione visiva, modificano la nostra capacità di produrre melatonina (l’ormone regolatore del ciclo sonno-veglia), interferendo con la nostra capacità di riposo notturno, e generando iperattività e mancanza di concentrazione nei più piccoli.
Per contro, abbiamo studi che dimostrano quanto le attività all’aria aperta e le pratiche di connessione profonda in natura restituiscono il nostro sistema vivente al pieno potenziale vitale e creativo, e vengano utilizzate sempre più in ambito terapeutico, riabilitativo, educativo e formativo come strategie imprescindibili nel recupero della nostra connessione con noi stessi, e di conseguenza con il nostro benessere. La natura attiva la nostra naturale capacità di stare bene al mondo, nel mondo e con il mondo.
Un altro filone molto interessante di ricerche riguarda l’impatto del recupero di un senso di vicinanza e relazione con l’ambiente naturale e gli altri esseri viventi sul comportamento ecologico delle persone. Chi conduce una limitata vita all’aria aperta dimostra una minora consapevolezza dell’impatto delle proprie scelte di consumo sull’ambiente e di conseguenza una minore propensione al comportamento eco-responsabile, mentre chi coltiva con continuità la propria relazione con il mondo naturale manifesta maggiore consapevolezza ecologica e desiderio di impegnarsi proattivamente per la protezione dell’ambiente e delle specie viventi.
Chi vive la natura, inevitabilmente impara ad amarla, e quindi a difenderla in caso di minaccia. Ecco perché, oggi, fare ecologia deve partire dal riconquistare la nostra relazione di affiliazione e di affetto con il mondo naturale, con la terra che ci è letteralmente madre, perché ha forgiato il nostro sistema vivente in milioni di anni di evoluzione. A questo proposito Jon Young (il fondatore del movimento internazionale della Connessione profonda con la natura, e mio docente da alcuni anni) rimarca però che non è tanto la quantità di tempo che passiamo in natura a fare la differenza, ma il modo in cui stiamo in natura, cosa facciamo, la qualità dell’attenzione che dedichiamo al fare esperienze con la natura, e non solo “in natura”. Un conto è fare attività outdoor, un altro è recuperare il senso vivo della nostra connessione con il mondo naturale: questo richiede una qualità di attenzione e di presenza diverse, che possono essere sviluppate nel tempo e con la pratica, come faremmo con qualunque altra disciplina.
A questo servono infatti le pratiche di risveglio della nostra intelligenza primitiva, e qui ve ne propongo un assaggio, da fare subito, nello scampolo verde per voi più comodo e vicino: l’esperienza inizia sempre dove siete, non è necessario andare a cercare le sequoie vecchie di tremila anni dall’altra parte del mondo per fare una “vera” esperienza. Anche l’albero nel parcheggio sotto casa può fare al caso vostro (e vi parlerà della vostra natura di uomo o donna di città, molto più che una sequoia in un parco incontaminato!).
Benessere in natura: Camminata sensoriale
Dedicate almeno 20’ a questa semplice pratica che potete svolgere mentre camminate in un luogo aperto. Se siete in un parco o in natura, vi potrete avvantaggiare di un ambiente acustico rilassante per la nostra psiche profonda (il canto degli uccellini ha un effetto tranquillizzante sul nostro cervello arcaico, abituato ad associarlo all’assenza di pericoli). Se siete in una città o in una via con molto traffico urbano, staccare la spina con il pensiero sarà più difficile. Mentre camminate, portate la vostra attenzione sulla pianta del piede: ascoltate da dentro i vostri piedi, e ascoltate il suolo sotto di voi da dentro i piedi, per qualche istante, affondando la vostra attenzione nel ritmico alternarsi dei piedi sul suolo mentre camminano. Da lì, portate mano a mano la vostra attenzione su tutto il vostro corpo, segmento dopo segmento: ascoltate le caviglie, le ginocchia, le gambe tutte intere, le anche e il bacino, la pancia, la schiena, il torace, lo spazio del cuore, l’albero vertebrale nel suo movimento ondulatorio, poi su verso le spalle e le braccia, fino al cuore delle mani. Poi risalite con l’attenzione alla nuca, la radice della testa, il cranio, e tutto quello che c’è dentro. Infine il viso: ascoltate da dentro la vostra espressione, i vostri occhi, le orecchie. E in questo passare in rassegna tutto il vostro sistema vivente, fate in modo che la vostra camminata si trasformi in un automassaggio, e ogni passo vi permetta di sciogliere gli snodi articolari, rendendovi ad ogni passo sempre più fluidi. Lasciate che sia il respiro a sciogliere tutto, lasciatevi respirare dappertutto, dai piedi alla testa. Lasciate che la vostra camminata sia una camminata che respira, fluidamente, dai piedi alla testa, il più possibile senza blocchi e contratture.
Una camminata che è massaggio. Una camminata che è piacere, un passo dopo l’altro.
Quando avete così ricostruito la vostra percezione di voi stessi (in genere il tempo minimo che vi servirà sarà di almeno 10’), lasciate un filo di attenzione sulla camminata-automassaggio, e portate il resto della vostra attenzione sull’ambiente intorno a voi.
E sgranate i sensi, uno dopo l’altro, su quanto vi circonda.
Prima ascoltate i suoni intorno a voi, dai più lontani ai più vicini, a 360°. Metteteli a fuoco tutti, uno per uno. E infine abbracciate tutti i suoni in un’unica consapevolezza, cogliete le relazioni reciproche, le risonanze, i contrappunti, il modo in cui i suoni si integrano e danzano fra loro in un’unica orchestra. Poi portate l’attenzione su quanto percepisce il vostro olfatto, il vostro gusto, e infine le sensazioni tattili che vi arrivano sulla pelle: l’aria che tocca la pelle scoperta, l’effetto del sole, la carezza di una foglia mentre passate sotto un albero…
Infine abbracciate sinesteticamente in un’unica attenzione tutti gli input sensoriali che avete mappato, mettendo insieme le vostre sensazioni di voi mentre camminate, dai piedi alla testa tutti interi nel respiro, con le sensazioni che provengono da quanto vi circonda. E state per tutto il tempo che desiderate in questa camminata consapevole, finché vi fa bene, finché vi piace.
Potete ripetere l’esperienza di seguito descritta in contesti diversi, e osservare la risposta del vostro sistema ai diversi ambienti dove andrete. Un esperimento interessante per aiutarvi ad ascoltare dove vi sentite più a vostro agio, dove provate maggiore benessere. E a scegliere id conseguenza dove passare più tempo.
Praticare da soli è importante, ma praticare in gruppo rende tutto molto più facile, e veloce. Il gruppo è un grande attivatore di risorse. Per questo ti invitiamo a praticare insieme la camminata consapevole e molte altre pratiche di connessione con la natura, nel percorso in partenza “Nature Connection”. Per scoprire tante pratiche semplici e naturali, da particare poi anche da solo, per ritrovare il piacere di stare bene al mondo, nel mondo, con il mondo, grazie al potere rigenerante del mondo naturale.
Ti aspetto per parlare di questo e di altro, alla conferenza esperienziale del 29 Gennaio 2016 presso MensCorpore a Treviglio.