(Parole di Gianfranco Bertagni, sul sito www.lameditazionecomevia.it)
Cosa significa meditare? È difficile dare una risposta a quella che potrebbe sembrare una domanda piuttosto semplice. Si potrebbe anzi dire che il buon meditante, più pratica e maggiormente si rende consapevole di quanto l’essenza della meditazione stessa sia sfuggente, inafferrabile, indefinibile.
Possiamo tuttavia dire che la meditazione è uno stato di puro essere, di chiara consapevolezza, di attenzione immersa nel reale: uno stato originariamente naturale, ma per il quale è necessario un lavoro su di sé. Si ritorna alla condizione normale del corpo-mente: uno stato di unità, precedente a qualsiasi dualità. Attraverso una serie di esercizi atti alla riemersione del pieno sentire della nostra persona. di indagine della propria meccanica fisica e mentale (dalle sensazioni e dai pensieri più grossolani a quelli più sottili), si è pienamente presenti, consapevoli, qui ed ora: si realizza la pienezza della pura attenzione.
La meditazione è attenzione: non si tratta di cosa stai facendo, ma di come lo fai.
La meditazione è la tua natura: non è un risultato – è una condizione reale. Non deve essere raggiunta, deve solo essere riconosciuta. È la tua essenza: non puoi averla e non puoi non averla. Non può essere posseduta, non è una cosa.
La meditazione è osservazione: non fare niente, non ripetere dei mantra, non ripetere il nome di dio – semplicemente osserva, semplicemente senti. Non disturbare la tua natura, non ostacolarla, non reprimerla.
La meditazione non è un credo, non è un dogma, non è un culto, non è una religione, non è una morale, non è un giudizio: è un’esperienza evidente in se stessa.
La meditazione è non–fuggire: è rilassarsi ed essere nel momento, nel presente. È permanere nel qui e ora.
La meditazione è chiarezza di visione. È uno stato di pienezza, di vuoto e di unità.
La meditazione è l’arte della consapevolezza: è una resurrezione dalla cecità di ciò che è, è essere presenti, è essere nella tua presenza.
La meditazione non è una tecnica, non è un pensiero particolare, non è uno sforzo, non è concentrazione: è comprensione ed equilibrio, è equanimità e silenzio, è ascolto e stabilità.
La meditazione non è staccare la spina: è lo stato naturale della mente, la sua semplicità, è il lasciare andare la presa, la quiete originaria.
Meditare è addestrarsi in ciò che è stato chiamato ‘il miracolo della presenza mentale’: si scopre che quella che ritenevamo all’inizio una pratica circoscritta in tempi e luoghi prestabiliti (la palestra, la nostra camera, ad esempio) diventa via via una macchia d’olio che si espande sempre più, in grado di mutare radicalmente il nostro stare nel mondo, il nostro vivere la vita. Meditare non significa rifugiarsi nel proprio paradiso mentale, bensì avere un contatto semplice e diretto con la realtà (interiore – noi stessi – ed esteriore), liberi dagli innumerevoli filtri che si interpongono tra la mente e il vero. Meditare vuol dire fare piazza pulita delle innumerevoli teorie psicologiche, filosofiche, affascinanti quanto pretestuose, fare piazza pulita di parole e spiegazioni, e volgersi verso il Sé, la propria natura, in direzione di una conoscenza non più meramente intellettuale, bensì autentica e diretta.
Si tratta di un lavoro di presenza al nostro sentire. Siamo pressoché completamente assenti alla nostra più potente e totale realtà, sempre invece immersi nel mentale, con ciò di cui esso è fatto (rimandi al passato, proiezioni verso il futuro, considerazioni e giudizi riguardo al presente). Siamo distanti dal nostro essere-corpo, dalla nostra più piena incarnazione, sempre succubi dei nostri automatismi fisici, soprattutto contrazioni le quali sono estremamente inquinanti della nostra corporeità e che ci sono da schermo al nostro viverla nella sua più integrale libertà.
La pratica meditativa deve condurre invece a una resa più alta possibile del nostro essere, al crollo delle protezioni e delle corazze, a un fare della nostra persona una pura apertura risonante: presenza e sentire, appunto. Un fluire e un dispiegarsi abbandonato nella realtà, sciolti in essa.
Ci si muove nella direzione di una centratura della propria persona, in una condizione di silenziosa quiete mentale e di vita fluente del corpo. Vogliamo muoverci verso una sempre più fonda immersione nel reale, nel suo flusso, nella sua verità, nel suo e nel nostro splendore. Che la meditazione sia tutto questo e non distacco dal mondo, dalla nostra presenza e autenticità.