(di Davide Facheris)
Il seme della violenza nel mondo inizia nel modo in cui mi ascolto e ti ascolto, nel modo in cui mi penso e ti penso, nel modo in cui mi parlo e ti parlo. La comunicazione empatica ci aiuta a creare e a vivere la connessione che tanto desideriamo avere con noi stessi, con l’altro e con la vita. (Marshall Rosenberg)
Il linguaggio abituale che contraddistingue la nostra cultura “occidentale” (ma non solo) è un linguaggio che giudica, interpreta, stabilisce delle diagnosi, classifica le persone, etichetta, spiega e argomenta le ragioni degli uni e i torti degli altri, dice come “dovrebbero” agire le persone per far bene. Non stiamo parlando di nessuna lingua particolare bensì di un “modus vivendi” caratterizzato da un certo “modus” di pensiero e linguaggio. Questo tipo di linguaggio abituale in Comunicazione Nonviolenta (CNV) è chiamato “linguaggio sciacallo” per evidenziare come esso crei un ambiente di gerarchie, di sospetti, di competizione, di “furbizie”, di lotta per la sopravvivenza e di violenza tipico delle dinamiche degli sciacalli.
Questo linguaggio non è proprio della nostra natura umana, non ci appartiene e crea dunque una serie di insoddisfazioni psicofisiche, emotive e relazionali. Possiamo dire che il nostro schema di pensiero e di linguaggio gioca un ruolo fondamentale nel determinare il piacere e la gioia di vivere piuttosto che l’alienazione e il malessere.
Con la Comunicazione Nonviolenta abbiamo la possibilità di parlare un linguaggio molto più conforme alla nostra natura relazionale, un linguaggio che non giudica, che si basa sulla comprensione e sull’onestà costruttiva, che permette di esprimere ciò che è vivo dentro di noi e di creare relazioni di profonda connessione con gli altri e il mondo esterno.
La Comunicazione Nonviolenta è stata sviluppata da Marshall Rosenberg, psicologo americano fondatore del CNVC (Centro per la Comunicazione Nonviolenta – www.cnvc.org), raccogliendo una serie di elementi comunicativi propri della nostra natura e sviluppati già da altri pensatori e in altre culture. Rosenberg dice di non aver inventato nulla, bensì di aver chiarito le dinamiche intrinseche del nostro linguaggio naturale. Rosenberg ha chiamato il suo modello Comunicazione Nonviolenta (CNV) o Comunicazione Empatica o anche “linguaggio giraffa” poiché la giraffa è l’animale terrestre che ha il cuore più grande, non è un predatore e al contempo si sa ben difendere dai predatori. Essere empatici e nonviolenti non significa subire la vita, bensì essere in grado di viverla con fierezza e benevolenza, nel pieno rispetto di se e degli altri, senza che una parte prevalga sull’altra. Con il linguaggio giraffa abbiamo la possibilità di creare relazioni autentiche in cui i bisogni di tutti vengono considerati e onorati. In questo modo le relazioni diventano una casa accogliente e non più un mondo di ombre e di sofferenza. Relazioni nuove nella vita privata, in famiglia, al lavoro, in società.
Se il linguaggio sciacallo è un linguaggio che esige, il linguaggio giraffa è un linguaggio che chiede. Il primo si esprime con “bisogna”, -“devi, che ti piaccia o no”, -“ciò che si deve fare è …” – “è cosi!”- “non voglio”- “fermati, basta!”- “non pensare questo”: e’ un linguaggio, cioè, che non permette alcuna scelta alla persona. Il linguaggio sciacallo rischia di sopprimere ogni creatività e rende schiavi gli individui, schiavi di sé stessi e schiavi degli altri, in famiglia, a scuola, nel lavoro, ecc. Il linguaggio giraffa invece accoglie e libera, non giudica, non accusa, chiede e non pretende: “Mi piacerebbe molto che tu facessi …, se vuoi ….. ti va? o la pensi diversamente?… vorresti fare altro?… hai un’altra idea?”. La CNV è un linguaggio semplice e contemporaneamente difficile. E’ semplice perché risuona pienamente con la nostra natura umana e contemporaneamente è difficile perché non siamo abituati a questa modalità, siamo abitati da schemi di pensiero e automatismi che vanno in senso opposto.
Quando parliamo “giraffa”, tutto ciò che diciamo o che ascoltiamo si riassume in due espressioni: “per piacere” o “grazie”. Tutti gli esseri umani quando non sono soddisfatti o sono in una sofferenza qualsiasi, dicono, in un modo o nell’altro, “per piacere, vorresti farmi questo ….perché io possa sentirmi meglio?” “Per piacere”. Oppure, quando si sentono soddisfatti per qualcosa, dicono ad esempio: “Ti sono veramente riconoscente per ciò che hai fatto per migliorare la mia vita. Grazie”. Tutti nella nostra vita stiamo continuamente e solo dicendo dei “per favore” e dei “grazie”. La differenza sta nel come lo facciamo e con quale consapevolezza: se lo diciamo con un’energia di pretesa ed esercitando il nostro potere su gli altri; oppure se lo facciamo in un modo dialogale, aperto ad idee diverse e dunque utilizzando il nostro potere con gli altri.
I quattro punti chiave della Comunicazione Nonviolenta: – questi punti ci sono sempre, sia che io parli o che ascolti; – ogni punto non è importante necessariamente che sia espresso verbalmente. Ciò che sviluppiamo con la CNV è soprattutto la consapevolezza del linguaggio, più che formule tecniche. La CNV rende nonviolenti e costruttori di pace, le tecniche di comunicazione che non partono da una consapevolezza del sé interiore, sono strumenti per “simulare”, per “recitare delle parti”. Se viviamo la vita “recitando delle parti” resteremo lontani dalla soddisfazione del vivere pienamente ciò che ci abita. La CNV è una consapevolezza e contemporaneamente un linguaggio liberante dalle paure, dai “devo” culturali in cui siamo imprigionati e in cui moriamo ogni giorno. La CNV è uno strumento per cambiare il nostro modo di vivere in meglio, a beneficio nostro e di tutti.
1. L’osservazione senza valutazioni soggettive. Quando parliamo, evitiamo di mischiare un giudizio o una valutazione con la descrizione oggettiva dei fatti. Descriviamo ciò che accade, senza mischiare ciò che noi pensiamo di quella situazione. Esempio di linguaggio abituale: “il capo ha parlato troppo alla riunione”. Tradotto in CNV può diventare, per esempio: “il capo ha parlato un’ora e mezza senza pause”. Questo primo passo ci aiuta ad identificare esattamente cosa non ha funzionato per noi.
2. Riconoscere ed esprimere i sentimenti. I sentimenti forniscono delle informazioni importanti sul nostro stato emotivo/energetico. I sentimenti sono una risorsa relazionale che abbiamo per natura e con la CNV possiamo prenderne maggiore consapevolezza e dimestichezza. Ad esempio, la CNV ci mostra che espressioni quali “io mi sento manipolato”, “umiliato”, “ignorato” non esprimono i nostri sentimenti bensì i nostri pensieri/valutazioni su ciò che fanno gli altri (“penso che mi stiano manipolando”). D’altra parte, espressioni come “mi sento male”, “mi sento bene”, non esprimono quello che accade dentro di noi con precisione. La CNV ci offre la possibilità di prendere contatto con il nostro specifico vissuto istante per istante, possiamo quindi dire: “Ho paura”, “Mi sento contrariato”, “mi sento a disagio”, “Sono molto scoraggiato”, ecc.
3. Prendere contatto con ciò che è vivo in noi: i bisogni. Il terzo elemento della CNV è la presa di coscienza dei bisogni che tutti abbiamo e che tutti in ogni istante cerchiamo di soddisfare al meglio. I bisogni sono un’altra risorsa relazionale che abbiamo per natura. Riconoscere e dare valore ai nostri bisogni come a quelli degli altri, assumersi ognuno la responsabilità dei propri bisogni, incontrarci a livello dei bisogni nella nostra comune umanità, imparare ad onorare i bisogni di tutti senza vincenti ne perdenti,… sono solo alcuni dei risvolti pratici che portano ad un cambiamento radicale nel nostro modo di vivere e di relazionarci. Un esempio di questo cambio di livello: “sono triste perché non sei venuto a trovarmi” (Sto colpevolizzando l’altro e attribuendo all’altro la responsabilità del mio sentimento di tristezza) con la CNV può diventare “Sono triste perché in questo momento ho bisogno di vicinanza e sostegno” (Prendo coscienza ed esprimo i miei bisogni di vicinanza e sostegno, non incolpo l’altro, bensì gli offro l’opportunità di vedere ciò che per me è importante e che vorrei soddisfare maggiormente).
4. Fare richieste. Domandare ciò che vorrei che l’altro facesse per rendere la mia vita più bella/per soddisfare i miei bisogni. Dopo aver identificato ed espresso i bisogni, impariamo a domandare in modo specifico e in un linguaggio positivo ciò che ci piacerebbe l’altro facesse per noi. Domandare offre all’altro l’occasione di esercitare la propria generosità, quella che Rosenberg chiama la propria benevolenza naturale, il “donare dal cuore” e non il risentimento, la paura, la vergogna, il timore (della punizione, del brutto voto, del licenziamento, ecc.). Non si tratta ne’ di esigere, ne’ di minacciare, ne’ di ordinare. Si tratta di essere chiari riguardo le proprie preferenze e al contempo aperti a quelle altrui. Se diciamo: “ Mi piacerebbe conoscerti meglio”, l’altro saprà quali sono le nostre intenzioni, ma non saprà ciò che voglio che faccia a questo proposito. Tutto diviene chiaro se diciamo, per esempio: “Mi piacerebbe conoscerti meglio, ti va di uscire a bere qualcosa sabato prossimo?”. Con la CNV lo diremo con un linguaggio d’azione positivo, cioè diremo che cosa vogliamo (piuttosto che ciò che “non” vogliamo). Un esempio: “ Per il mio bisogno di considerazione, vorrei che tu mi dicessi «Buongiorno» quando rientro, che ne dici? Lo faresti con piacere? O hai un’altra idea?”. In questo modo l’altro, non sentendo una pretesa e non sentendosi giudicato, non reagirà come una persona aggredita. Ci sono molte probabilità che acconsenta alla nostra richiesta o che ne nasca un dialogo costruttivo sulla base delle sue preferenze diverse dalle mie. In CNV desideriamo che si crei quella connessione profonda sulla base della quale poter formulare le nostre richieste per renderci la vita reciprocamente più bella.
Riferimenti per approfondire
www.davidefacheris.com
www.comunicazioneempatica.com
www.comunicazioenonviolenta.it
www.cnvc.org (The Center for Nonviolent Communication)